Secondo Michael Foucault, l’eterotopia è uno spazio “altro” dall'”ordinario”, un recinto separato, delimitato entro confini precisi, “fuori da tutti i luoghi e tuttavia individuabile”. Il carcere, eterotopia per eccellenza, è un luogo “altro” che si basa sul principio di esclusione. Questa settimana inizia con il concetto di eterotopia per affrontare gli spazi (carceri e non solo) e le pareti divisorie – successivamente dipinte, incise e appropriate attraverso il segno grafico. La prigione è un luogo dove la violenza è reale. La violenza, però, non è esercitata dai singoli o dalla comunità, ma dalle mura stesse, dall’architettura, spazio destinato al controllo del corpo e della mente. L’arte è un modo per trasformare e trascendere questo ambiente. In carcere il muro isola, separa, opprime. Tuttavia, attraverso i graffiti, può diventare l’esatto opposto, lo strumento di comunicazione, l’elemento che connette. In questo senso, il muro di una prigione è anche eterotopia: come lo specchio, si nasconde e si rivela, si rappresenta e proietta l’immagine di chi in esso si riflette. In questo processo di inversione, è possibile trovare la salvezza?

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Programma III ISW
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Locandina
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Comunicato stampa